Bossi, Berlusconi, Grillo e la politica del populismo

Il populismo è uno dei mali storici del nostro Paese, ad esso si affiancano il qualunquismo e i sentimenti anti-politici: derive pericolose (tutte e tre) che conducono spesso l’elettorato disilluso verso associazioni, movimenti e partiti politici incapaci di dare una prospettiva chiara di governo ma bravi solo a cavalcare l’onda di sentimenti di solito legati strettamente alle contigenze del momento, ad una occultata voglia di illegalità, violenza e razzismo: il tutto mascherato da proclami di stampo sociale e libertario, che si rivelano sempre esili e inconsistenti.

QualunquismoCon l’avvento della Repubblica nasce anche il primo movimento populista che si erge a paladino dei cittadini: L’Uomo Qualunque che rappresenta (nella persona di Giannini, fondatore del movimento) gli interessi dell’uomo della strada contro il sistema partitico.

Nel 1946 il fronte dell’uomo qualunque prende il 5,3% dei voti ma muore dopo pochissimi anni incapace di creare una qualsivoglia proposta politica, soffocato dal suo successo a cui non seppe dare seguito non portando risultati ai suoi elettori.

Solo con lo scandalo di Tangentopoli nel 1992 e con la sfiducia nei confronti della classe politica sin lì in auge si iniziano a riaffermare partiti politici e movimenti che si richiamavano  agli “ideali classici” del populismo:

  • Disprezzo nei confronti della politica e dei partiti politici
  • Scarso senso dello Stato e delle sue istituzioni
  • Una visione razzista o quantomeno esclusivista e settaria dei diritti
  • Avversione nei confronti di cultura, istruzione e conoscenza a favore di una “beata ignoranza” dell’uomo della strada.

Parliamo ovviamente dei fenomeni noti come Lega Nord e Forza Italia, i partiti/movimenti unipersonali creati da Bossi e Berlusconi.

Per venti anni questi due personaggi, e il loro seguito silenzioso ed ossequioso, hanno avuto la pretesa di far politica promettendo nuovi paradisi, lavoro e ricchezza, secessioni e lotte contro misteriosi poteri occulti e accentratori.
Promesse mai mantenuteNegli utlimi dieci anni sono anche riusciti a governare per più di otto anniinserendo nello stesso programma la secessione del nord e il lavoro e sviluppo al sud e, su tutto, meno tasse per tutti (elemento perno del populismo italiano): l’epilogo lo conosciamo bene tutti, l’orlo della bancarotta causata dal loro immobilismo politico (se si escludono le leggi ad personam di Berlusconi) e dalla loro incapacità di realizzare quanto dichiarato nei loro programmi;  soprattutto la Lega è stata colpevole di non aver applicato neanche uno dei suoi punti: scomparso il federalismo (politico e fiscale), morta la populistica lotta per la secessione, annullate le istanze di rinascita per un nord che oggi si scopre in ginocchio e con un tasso di suicidi in continuo aumento.

Gli scandali della Lega di questi ultimi giorni e la (temporanea?) abdicazione di Berlusconi potevano essere per gli elettori di questi due partiti un momento di riflessione interna, una valutazione su come possa essere possibile continuare a sostenere da cittadini chi porta avanti una visione personalistica e familistica della politica, come sia possibile continuare a dare la propria fiducia a partiti che non convocano un congresso, momento massimo della democraticità,  per ben 10 anni.
Invece piuttosto che un risveglio della coscienza politica assistiamo ad una sua ulteriore degenerazione rappresentata da un deflusso di consensi (secondo alcuni sondaggi e quindi non verificabile realmente) dalla Lega al Movimento 5 Stelle.

Come scritto anche da altri ravvisiamo nel movimento 5 stelle un seme per il populismo e l’anti-politica; non può chiamarsi democratica una “non associazione” che appartiene (da come dichiara il suo “non statuto”) per il 100% ad un singolo individuo e non può avere velleità di governare la nazione chi fa del suo programma una brochure di una decina di pagine intrise di idee programmatiche indubbiamente condivisibili ma che non trovano uno svolgimento corrispondente ad un piano di applicazione.

M5SNon possiamo poi non notare come spesso questo movimento, in alcune esternazioni di Grillo o nelle azioni dei suoi eletti, si si siano palesati sentori razzisti o di appoggio a gruppi di natura fascista motivati con giustificazioni, a nostro parere, puramente ridicole, segno del fatto che non esiste alcun controllo alla partecipazione “democratica” all’interno del M5S nè una formazione politica adeguata in grado di impedire madornali errori di valutazione; mancanze che fanno rischiare qualsiasi movimento di cadere preda di degenerazioni anti-democratiche e lontane dagli ideali costituzionali.

In quanto partito facente parte della vita politica italiana non neghiamo che i troppi casi di corruzione e di sperpero perpetrato da alcuni partiti rappresenti una deriva a cui si debba mettere fine, ma questa fine non può e non deve corrispondere con la fine dei partiti politici. Condividiamo in pieno l’analisi della giornalista del Manifesto Luciana Castellina: in primo luogo è necessario che i partiti rimettano la moralità e la trasparenza fra i loro principi, tornino a saper parlare al popolo e rivolgersi agli interessi di tutti (o della componente sociale che vogliono rappresentare) ma questo deve avvenire anche con il ritorno della popolazione alla partecipazione attiva alla vita dei partiti, si deve ritrovare l’interesse non solo a distruggere e condannare ma anche a costruire insieme ai partiti, tramite la partecipazione ed il dialogo, il confronto e anche lo scontro.

Perché la funzione di un partito politico è costruire un senso comune nei suoi iscritti e simpatizzanti, non raccogliere la medietà del consenso“.

Tesseramento 2012Si ritorni a delle regole precise e rigide per la selezione di tutta la classe politica, regole che passino per gli iscritti, per i votanti e che siano rappresentazione non di un clientelismo subalterno ma di un reale impegno che faccia ritornare i partiti alla gente e la gente ai partiti.

Per fare questo è importante anche rivedere le regole per il finanziamento ma non cancellare il finanziamento in sé e per sé: in tutta Europa i partiti vengono finanziati dallo Stato, è una tutela per evitare ingerenze delle industrie e delle lobby nel programma di un partito; l’importante è ridurre questo introito per evitare le speculazioni e gli abusi che si sono verificati all’interno della Margherita o della Lega ma un partito non vive solo di elezioni, sono fondamentali, soprattutto per una politica che riparte dal territorio delle sedi stabili in cui ci si possa raccogliere impressioni, associazioni e movimenti e, insieme, muovere i passi verso un Paese diverso.